Risultato della ricerca: il clero
canadesevolante61
Illuminati da Dio ma soli incontro al mondo
alfapegaso
Chiesa parrocchiale Sant\'Antonio da Padova (1929-1938) - Il 29 luglio 1931 Mussolini, a Predappio per l\'inaugurazione del Pronto soccorso, cercò di stemperare il clima di tensione creatosi con il clero a seguito dello scioglimento dell\'Azione Cattolica da parte del regime, dando pubblicamente notizia dell\'imminente inizio dei lavori per la costruzione della Chiesa parrocchiale. MIGLIORE VISTA IN SALVA ORIGINALE
paolicellinicola
Santi Luca e Giuliano Grottole (MT) detta “Chiesa diruta”. Quest' opera alta 39 metri e larga 20, era la chiesa parrocchiale di Grottole, costruita a partire dai primi anni del 1500, iniziata a governarsi ed ufficiarsi già dal 1508 dopo che il clero ricettizio aveva perso la propria sede della Chiesa di Santa Maria Maggiore data al Duca Onorato III Gaetano che a sua volta, nel luglio del 1509, la donò ai Frati Domenicani. L'edificio è stato officiato fino al 1750-60 e dopo fu abbandonato del tutto. Del fasto che questa chiesa ha rappresentato per circa trecento anni, oggi non resta che un rudere muto e silenzioso, del quale possiamo solo in parte immaginare il passato splendore. (fonte sito comune di Grottole Matera)
cavalluccimaurizio
LA CELLETTA DEL MONTE Il punto dove sorge e\' zona di confine e di incrocio delle antiche strade tra il Comune di Montecopiolo e Pennabilli ma per qualche metro è situata in quest\' ultimo. Nel periodo dell\' occupazione Francese l\'esercito napoleonico era ben organizzato per dominare le pianure sottostanti, al contrario era in difficolta\'  nel controllare i territori montani e queste mulattiere vie di comunicazione di un tempo divennero soggette al brigantaggio e al contrabbando, inoltre erano frequenti i litigi fra i contadini che si contendevano i confini dei pascoli e le acque delle sorgenti, per abbeverare il bestiame. Cosi nel 1828 durante il suo pellegrinare in queste terre il romano San Gaspare del Bufalo evangelizzatore e pacificatore dei \"Bozzari, Carrettieri e Contadini \" venuto a conoscenza dei gravi episodi predico\' in questa zona placando gli animi facendo erigere questa piccola cella. Nella piazza della vicina Soanne davanti alla chiesa dove predico\' a testimonianza del suo passaggio vi è una croce in cui sulla pietra e\' inciso l\'anno 1828. Il 3 giugno 1833 ritorna in zona, lo troviamo a Monte Copiolo, dove convengono anche gli abitanti di Monte Boaggine, Villagrande, Maciano, Maiolo, Scavolino. San Gaspare percorre in ogni stagione con qualsiasi clima a piedi o a dorso di mulo, monti, valli, dirupi e gli impervi sentieri, queste popolazioni con il caldo, il freddo, sotto il sole o sotto la pioggia, si recano dalle campagne spesso di notte, per ascoltarlo, solo un Santo poteva ottenere tanto e solo popolazioni ricchissime di fede e di speranza potevano sobbarcarsi a tali sacrifici per il bene delle proprie anime! Il 6 giugno organizzo\' una grande processione col miracoloso SS.mo Crocifisso, molto venerato a Monte Copiolo e nei paesi vicini, tutti indistintamente clero e popolo seguirono il simulacro con una corda al collo, Gaspare fu costretto a predicare tre volte e tre volte si disciplino\' sulle spalle denudate. Alcuni ostinatissimi peccatori, che avevano caparbiamente respinto il suo invito a confessarsi solo quando videro il sangue sprizzare dalle sua carne, finalmente si arresero, e con solennita\'  fece «apparire» all\'improvviso in chiesa la statua dell\'Addolorata, ottenendo lacrime di pentimento e molte conversioni. Un giorno una posseduta lungo la strada, gli grido\'in faccia quasi aggredendolo: «Ladro, di anime, vattene via!», il Santo, per tutta risposta, la benedisse liberandola dal possesso di Satana. La celletta è rimasta nel tempo luogo di incontro dei fedeli che salivano a piedi dai Comuni limitrofi nel lunedi di pentecoste o in processione verso il santuario della Madonna del Faggio in occasione della festa. E stata ma anche un riparo e un riferimento per i pastori e viandanti che durante le intemperie si trovavano ad affrontare Passo del Trabocchetto o il Passo dei Ladri salendo fino al Rifugio Fontanelle arrivando alla Testa del Monte.
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
uwrmor
Nel 1095, come testimonia una bolla dell\'arcivescovo di Milano Arnolfo III, tre sacerdoti milanesi, Atto, Arderico ed Ingizio, si stabilirono presso la piccola chiesa dando origine al primo nucleo del cenobio benedettino che porterà, nel XI secolo all\'erezione della Badia di San Gemolo a Ganna dedicata al santo e consacrata nel 1160 dall\'arcivescovo Uberto da Pirovano. Nei secoli successivi il monastero benedettino, di stampo cluniacense, ebbe notevole fortuna arrivando ad estendere il proprio dominio spirituale e temporale su gran parte della provincia di Varese e del Canton Ticino. Nel corso del XII secolo rientrò sotto l\'influenza della più potente Abbazia di Fruttuaria di San Benigno Canavese. La decadenza cominciò alla fine del Quattrocento quando l\'Abbazia divenne Commenda e si concluse nel 1556 quando i monaci furono allontanati, i beni ceduti all\'Ospedale Maggiore di Milano e la cura pastorale affidata al clero diocesano. Il culto di San Gemolo è attualmente molto ristretto, territorialmente, ma al contempo saldamente radicato; il suo fulcro è la Badia di Ganna dove riposano le reliquie che, nel 1941, una commissione storico-scientifica nominata dal Cardinal Ildefonso Schuster confermò autentiche. da Wikipedia
en.giuliani
Lo spazio asimmetrico (la facciata è più larga della parete di fondo) è diviso in tre navate, segnate da due file di 8 colonne - tutte diverse e tutte di spoglio - di marmo scanalato, di pavonazzetto e granito bigio. Il soffitto fu dipinto da Francesco Avalli. L'altare maggiore è una costruzione paleo-cristiana del VII secolo. L'abside, rialzata rispetto al piano pavimentale e riservata al clero, presenta un affresco del Salvatore fra san Giorgio e san Sebastiano, opera inizialmente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica a Pietro Cavallini. L'affresco è molto restaurato. Nella navata di sinistra: frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bizantina dell'epoca di Leone II e di un pluteo dei tempi di Gregorio IV.
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
RoccoAngelico
Dal 3 al 5 febbraio, Catania dedica alla Santa una grande festa, misto di fede e di folklore. Secondo la tradizione alla notizia del rientro delle reliquie della santa il vescovo uscì in processione per la città a piedi scalzi, con le vesti da notte seguito dal clero, dai nobili e dal popolo. Controversa è l\'origine del tradizionale abito che i devoti indossano nei giorni dei festeggiamenti: camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. Una radicata leggenda popolare vuole siano legati al fatto che, i cittadini catanesi, svegliati in piena notte dal suono delle campane al rientro delle reliquie in città, si riversarono nelle strade in camicia da notte; la leggenda risulta essere priva di fondamento poiché l\'uso della camicia da notte risale al 1300 mentre la traslazione delle reliquie avvenne nel 1126. Un\'altra leggenda afferma che l\'abito bianco sia legato al precedente culto della dea Iside. Ma la tradizione storica più affermata indica che l\'abito votivo altro non è che un saio penitenziale o cilicio, si afferma inoltre, che sia una tunica, bianca per purezza, indossata il 17 agosto, quando due soldati riportarono le reliquie a Catania da Costantinopoli.
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
mgnello
Il Santuario del Selvaggio: «Lourdes delle Prealpi», ha cantato e canterà, nei secoli che ancora verranno, le glorie e le misericordie di Maria, di questa nostra Madre, che il sommo poeta Dante, nella preghiera che fa innalzare da S. Bernardo, chiama giustamente «umile ed alta più che creatura», e alla quale i nostri padri con amore e pietà filiale hanno eretto questo santuario. Il tempio di Maria sarà per sempre un «richiamo alla conversione», alla saggezza, ad essere costantemente «operatori di pace», di riconciliazione, di amicizia, di bontà. È questo il messaggio di Lourdes, ed è questo il messaggio del Santuario del Selvaggio, perché qui come in tutti i santuari dedicati alla Madonna, «Dio glorifica la sua Madre nel condurre a Lei gli uomini». E l'umile Vergine non li trattiene per sé ma, come ci dice il Concilio Vaticano II , «mentre ella viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre!» (cfr. Lumen Gentium, 65). La breve storia del Santuario: In questo capitolo ci proponiamo di fare un piccolo viaggio a ritroso nel tempo per conoscere, della storia più che cinquantennale del Santuario, alcuni dati interessanti. Perché la località si chiama Selvaggio? Il toponimo "Selvaggio" deriva dalla deformazione ed italianizzazione dei nomi "serre" e "vacho" dell'antica lingua provenzale, ancora oggi parlata nella zona. Il termine "serre" sta per altura, altipiano o montagna, mentre il termine "vacho" significa mucca. Quindi le due parole stavano ad indicare altipiano della mucca o delle mucche corrispondente ad una zona di pascoli particolarmente importante nell'antichità, da cui poi per fusione dei due termini ne è scaturita l'attuale denominazione della località. Il documento più antico , che fa menzione di nomi e perciò di insediamenti di famiglie al Selvaggio, risale al 17 luglio del 1513, giorno in cui Tommaso di Pertusio, signore di Villarbasse e notaio del Duca Carlo II di Savoia (padre di Emanuele Filiberto) in qualità di esattore delle tasse per conto del predetto duca, ingiunge ad ogni capofamiglia del Selvaggio che alla festa di S. Andrea, ogni anno ed in perpetuo, si paghi “un'emina di castagne commestibili”. L'emina era una misura corrispondente a circa 250 grammi . Come si vede, la gente di queste parti era davvero povera. Nel 1608 troviamo già l'esistenza di una piccola Cappella di tipo rurale e poco appresso un modesto campanile, come si può rilevare dal disegno a calco sulla parete del loggione dell'Ospizio adiacente alla Chiesa. Di questa primitiva Cappella e del campanile, ora scomparsi, rimangono le due statuette lignee collocate sopra due piccoli altari posti nel peristilio del Santuario, dietro l'altar maggiore. Le statue rappresentano S. Antonio abate e S. Rocco, i tradizionali protettori delle stalle e delle persone dei tempi passati. Nel 1908 la chiesetta di un tempo, vecchia ormai di secoli, piccola e malsicura, accolse come Cappellano festivo il Teologo Carlo Bovero, nativo di Borgomarengo, che, professore nel piccolo Seminario di Giaveno (l'attuale casa di riposo), celebrava la Messa festiva nelle diverse Cappelle delle borgate situate attorno al Capoluogo. Il Teologo Bovero fu uomo di forte intelligenza e non minore capacità organizzativa. Egli seppe suscitare nella popolazione selvaggese un tale entusiasmo per la Madonna che ottenne dai buoni borghigiani una risposta totale ed entusiasta alla sua coraggiosa iniziativa di far sorgere presto una nuova e bella chiesa. A lavori iniziati, il Teol. Bovero seppe sensibilizzare e coinvolgere generosamente al suo fine il Cardinale Richelmy e tutta l'Archidiocesi di Torino, unendo insieme i confratelli Sacerdoti, il popolo e la stessa nobiltà torinese, casa reale compresa. L'architetto Giulio Valotti nel 1908 stese il progetto della prima chiesa e subito dopo realizzò anche il progetto dell'attuale Santuario. Com'era la prima chiesa lo si può vedere nel disegno a calco collocato in fondo alla loggia dell'«Ospizio Cardinale Richelmy». Qui essa è definita «granum sinapis» (it. granello di senapa ). La costruzione della prima chiesa e poi quella del Santuario, destano ancora adesso un senso di meraviglia. Uomini e donne di ogni età, alla domenica, come in processione, andavano al Rio Ollasio e ne riportavano pietre e sabbia verso il cantiere dei lavori. A monte della borgata la cava di pietra cominciò a vedere susseguirsi i turni di lavoro degli scalpellini che, sotto la guida dei fratelli Mollar, cesellarono letteralmente i pregevoli capolavori che ornano la parte esterna del Santuario. La prima chiesa, costruita a tempo di primato, fu consacrata dal Cardinale Richelmy il 22 agosto 1909. Il Santuario fu subito méta di grandi pellegrinaggi diocesani. Il Cardinal Arcivescovo scriveva nella Pastorale della quaresima del 1910 queste parole: «Il Santuario del Selvaggio, sorto appena, rifulse tosto di quella luce mistica e soave, che contraddistingue nella vita della Chiesa i più celebri Santuari di Maria. È nostro vivissimo desiderio che codesto caro Santuario sia dal Clero e dal Popolo venerato ed amato come un dolce pegno della protezione della Vergine sopra le nostre Regioni...». Nel 1910 s'inaugura nel cortile adiacente la chiesa la statua-monumento dedicata alla Madonna Incoronata e, quando la chiesa si mostrerà troppo angusta per la massa dei pellegrini, si svolgeranno le grandi funzioni liturgiche all'aperto, sotto questo monumento. La risonanza del Santuario giunse addirittura al soglio pontificio ed il Santo Papa Pio X così scrive al Teol. Bovero: «Al diletto figlio Teol. Prof. Carlo Bovero e agli altri egualmentediletti, che concorsero con lui alla erezione del nuovo Santuario di N.S. di Lourdes al Selvaggio di Giaveno, col voto che per l'intercessione della Vergine Santissima il Signore sia largo a tutti delle migliori grazie e delle più soavi consolazioni, in segno di gratitudine e di particolare benevolenza impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.» Dal Vaticano 18 giugno 1911 PIUS PP. XI Dopo sei anni di esercizio liturgico la prima chiesa si dimostra insufficiente a contenere tante persone che accorrono sempre più numerose al Santuario. Nel maggio 1915 il Teol. Bovero annuncia l'ampliamento, o, per meglio dire, il rifacimento del Santuario, tanto è ambizioso il progetto della nuova chiesa per dimensioni e per il pregio artistico. La sovraintendenza ai lavori è assunta dal salesiano arch. Giulio Valotti e l'esecuzione tecnica è affidata al capomastro coazzese Andrea Bramante. Si formò un Comitato di Dame patronesse, tra cui emerse ben presto la nobile figura di Carolina Martirolo . Anche il Comm. Alfonso Zappata , definito «il cavaliere della Madonna», fu sempre la molto prodigo di aiuti. Il nuovo Santuario, iniziato sul finire del 1915, fu solennemente consacrato dal Cardinale Giuseppe Gamba il sabato 21 agosto ed aperto al culto divino la domenica 22 agosto 1926. Dal 1998 la gestione del Santuario è stata affidata dal Cardinale Giovanni Saldarini all'Ordine dei Monaci di San Paolo I Eremita - OSPPE. Le feste del Santuario Il Santuario del Selvaggio ricorda ogni anno le date solenni che gli sono proprie, tra le quali la festa della N. S. di Lourdes (11 febbraio) e, solennissima, la ricorrenza annuale della Dedicazione della Chiesa, che cade la domenica seguente la festività dell'Assunta (dopo il 15 agosto). In queste date si rivive il clima di Lourdes con le solenni celebrazioni liturgiche, con la Benedizione agli ammalati nel cortile del Santuario il pomeriggio, e alla sera, con la grande fiaccolata, che dal Santuario sale fino alla bianca Croce sul pianoro che sovrasta l'abitato del Selvaggio. La Consacrazione del comune di Giaveno Nel 1958 alla presenza del Card. Fossati, l'allora sindaco Cav. Pallard, lesse in Santuario la solenne Consacrazione del Comune all'Immacolata di Lourdes , di cui una targa bronzea perpetua il ricordo presso la Grotta. In quell'occasione venne inaugurata la nuova strada Giaveno-Selvaggio, e venne dedicata al nome del fondatore Mons. Carlo Bovero, la vecchia strada che va dalla B.ta Bergeretti al Selvaggio. Nel agosto 2008 la Consacrazione del Comune di Giaveno è stata rinnovata nel giorno della solennità della Dedicazione del Santuario con la presenza del sindaco Daniela Ruffino. Rettori del Santuario Mons. Teol. Carlo BOVERO (1908-1935) Don Giovanni BOSCO (1935-1936) Don Giuseppe GIANELLA (1937-1952) Can. Ugo SAROGLIA (1952-1998) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (1998-1999) P. Damiano SIKORSKI OSPPE (2000-2001) P. Vladimiro ROBAK OSPPE (dal 2001)
en.giuliani
Lo spazio asimmetrico (la facciata è più larga della parete di fondo) è diviso in tre navate, segnate da due file di 8 colonne - tutte diverse e tutte di spoglio - di marmo scanalato, di pavonazzetto e granito bigio. Il soffitto fu dipinto da Francesco Avalli. L'altare maggiore è una costruzione paleo-cristiana del VII secolo. L'abside, rialzata rispetto al piano pavimentale e riservata al clero, presenta un affresco del Salvatore fra san Giorgio e san Sebastiano, opera inizialmente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica a Pietro Cavallini. L'affresco è molto restaurato. Nella navata di sinistra: frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bizantina dell'epoca di Leone II e di un pluteo dei tempi di Gregorio IV.
spf0320
Un clero austero che mette in soggezione